La sindrome del cuculo: il DNA dei figli accolti prevale sull'educazione familiare?
I genitori adottivi e affidatari nel crescere i loro figli hanno sempre ben presente la loro origine e sempre si chiedono quanto influirà il contesto familiare nella loro formazione. In massima parte i servizi sociali, le esperienze di associazioni di genitori accoglienti, gli psicologi e i pediatri hanno sempre sottolineato l'importanza del contesto di crescita. Tutta una cultura basata sull'accoglienza dei minori in famiglia ha da sempre sottolineato quanto sia importante che i bambini senza famiglia siano accolti in una nuova famiglia nella più tenera età e quanto invece sia a rischio l'accoglienza di ragazzi già adolescenti. Dati ricorrenti di pochi anni fa avevano confermato la maggiore importanza negli esiti formativi degli aspetti educativi familiari e minimizzato gli aspetti di eredità genetica. Tuttavia, anche allora non si minimizzava l'importanza della genetica, ma la si delimitava a esiti comportamentali nella fase adulta di origine generale. Un esempio era l'aggressività che sembrava determinata geneticamente, ma che nel contesto familiare positivo si trasformava in competitività e veniva quindi incanalata e arginata in un comportamento sociale accettabile.
Da alcuni anni si assiste in controcorrente alla proliferazione di articoli che sottolineano sempre più l'importanza genetica. Sempre più si afferma che il comportamento sociale dei figli dall'adolescenza alla fase adulta è maggiormente determinato dal DNA piuttosto che dalle acquisizioni formative familiari. È una deriva per certi aspetti preoccupante che spesso travalica la scienza e finisce nel pregiudizio. Prendiamo in considerazione due notizie esemplificatrici sulle tante che recentemente sono apparse su riviste specializzate:
Primo articolo. Ricerca, pubblicata sulla rivista Personality and Individual Differences, effettuata su 13mila coppie di gemelli omozigoti e non. La differenza tra studente perfetto e quello svogliato risiede proprio nel DNA. A confermarlo è uno studio recente condotto negli Stati Uniti (Ohio State University) che ha individuato proprio nel materiale genetico la svogliatezza o la forte motivazione allo studio. La motivazione è un fenomeno molto più complesso e va oltre il semplice incoraggiamento e dipende anche da fattori genetici ereditari, in sostanza può essere intesa come una caratteristica insita nelle persone. I ricercatori hanno analizzato con vari test psicologici la motivazione di ogni studente o il livello di svogliatezza arrivando a constatare che, di solito, i gemelli identici (cioè coloro con DNA identico) condividono una delle due caratteristiche. In conclusione, la motivazione allo studio dipende da fattori ereditari almeno per il 50% dei casi e l’ambiente non ha un ruolo così importante come si poteva immaginare.
Secondo articolo. Il grado di istruzione della mamma influirebbe sul Dna dei figli. Lo assicura una ricerca della University of California-San Francisco, che ha pubblicato lo studio sulla rivista scientifica Journal of Perinatology. A quanto pare i figli nati da madre che non hanno terminato la scuola potrebbero presentare maggiori probabilità di essere svantaggiati sin dall’inizio. I ricercatori si sono concentrati soprattutto sulla lunghezza dei telomeri – ossia della parte finale dei cromosomi – e avrebbero scoperto che questa misura potrebbe essere influenzata non solo da fattori quali età, genetica, impiego di farmaci ma anche dal grado di istruzione dei genitori (in questo caso della mamma). La ricerca avrebbe quindi scoperto che il Dna dei figli le cui madri non hanno portato a termine la scuola sarebbero più brevi del 5/6 per cento.
Si impongono alcune considerazioni. Si deve tenere conto che la scienza non procede mai con uniformità: in alcuni periodi prevalgono ricerche di un certo tipo che nascono da intuizioni che permettono un approfondimento specifico, mentre in altri periodi gli approfondimenti sembrano prendere la strada del segno opposto. Quel che bisogna fare non è tanto considerare solo le ricerche più recenti, ma armonizzare il senso delle ultime scoperte con quelle precedenti. Quando si studia un essere umano nella sua evoluzione di crescita bisogna avere una forte visione olistica complessiva che gli studi di settore non sempre possono avere dato che ogni specialista offre una visione parcellizzata che deve essere giustamente collocata nell'ambito del mosaico di studio.
Il proliferare di recenti studi sull'importanza dell'ereditarietà sia genetica che epigenetica è stato spesso riportato dai mass media in modo distorto esagerando i risvolti giornalistici piuttosto che sostanziali determinando una impressione più lombrosiana di determinismo che realmente scientifica comprensiva della biologia e della psicologia evolutiva umana.
Giusto per alzare lo sguardo e dare un senso a queste scoperte ci si potrebbe chiedere se le famiglie che crescono un figlio d'altri genitori biologici stanno crescendo nel proprio nido un cuculo che piano piano assorbirà tutte le loro risorse e li renderà sempre e comunque inutili dato che comunque lui sarà determinato immancabilmente dal suo DNA.
Gli articoli originali prima citati di fatto non escludono l'importanza del fattore formativo familiare, ma suggeriscono di tenere in un certo conto anche l'aspetto genetico e non di escluderlo. Va da sé che se il figlio accolto è bravo si tende a pensare, sbagliando, che sia tutto merito della famiglia accogliente, mentre se è irrealizzato si dà la colpa, sbagliando, al DNA dei genitori biologici. Queste semplificazioni sono sempre superficiali, deleterie e chiaramente non contengono nessuna verità.
Le famiglie adottive e affidatarie (ma anche i servizi psicosociali e gli psicologi) dovrebbero invece dare una lettura più attenta dei dati scientifici riconoscendo che contengono una parte della verità, ma non tutta. Conoscere e comprendere i genitori biologici è oggi sempre più importante per una famiglia accogliente per meglio costruire il proprio operato genitoriale valorizzando le caratteristiche ereditate geneticamente e smussando sul piano educativo quei caratteri genetici meno positivi. Pensare che la svogliatezza, la mancanza di motivazione e l'insuccesso scolastico siano determinati solo ed esclusivamente dal DNA dei genitori biologici o solo dall'educazione familiare rimane una grossa sciocchezza.
Peraltro, basti pensare ad una famiglia biologica con due figli di cui uno è motivato e di successo e l'altro è svogliato e perdente. La colpa è del DNA? È colpa dell'educazione? Se fosse sempre così banalmente dicotomica la situazione le coppie di gemelli omozigoti sarebbero sempre e comunque o entrambi motivati o entrambi svogliati. La prima ricerca citata parla di un 50% di probabilità. Beh, non è forse quello che con il buon senso abbiamo sempre saputo?
Scritto da Alessandro Bruni il sabato, 12 dicembre 2015 alle 04:40 | Permalink